Oggi giornata libera e quindi posso
dedicarmi a tutto ciò che amo, compresa la lettura di un libro che
riporta indietro nel tempo ma che è fondamentale per iniziare ad
avere confidenza con la fotografia: “La fotocamera” di Ansel
Adams.
In questo libro si parla di tutto ciò
che riguarda la macchina fotografica, ma oggi volevo dedicarmi agli
obiettivi, elementi fondamentali per una buona riuscita dello
scatto...il corpo macchina, a volte, è preso troppo in
considerazione, anzi direi che rispetto all'obiettivo è decisamente
secondario.
Per poter usare al meglio gli obiettivi
dobbiamo conoscerli e approfondire non tanto la loro progettazione o
fabbricazione, ma i concetti cardini del loro funzionamento.
L'obiettivo ha due importanti proprietà
che il foro stenopeico non possiede; inanzitutto un obiettivo
raccoglie la luce su un'ampia area producendo così un'immagine
luminosa ed inoltre mette a fuoco la luce dando così vita ad
un'immagine nitida.
Una delle caratteristiche fondamentali
dell'obiettivo è la sua lunghezza focale che, tecnicamente,
corrisponde alla distanza fra il punto nodale posteriore di un
obiettivo (in prossimità del diaframma), al piano in cui i soggetti
sono messi a fuoco. Conoscere la lunghezza focale ovviamente è
importante per avere consapevolezza delle dimensioni della mia
immagine una volta impressa su carta, o sul mio sensore se parliamo
in digitale.
Altra caretteristica dell'obiettivo è
la sua apertura, più comunemente chiamato diaframma, diametro di
apertura dell'obiettivo stesso, descritto come frazione della sua
lunghezza focale. L'apertura sta ad indicare la quantità di luce che
entra all'interno della macchina e quindi quanta luce arriverà alla
pellicola o al sensore. La serie di valori dei diaframmi è ormai
standard ed è questa:
f/1, 1,4 , 2, 2,8 , 4 , 5,6 , 8 , 11,
16, 22, 32, 45, ecc
“Ciascun diaframma trasmette il
doppio o la metà della quantità di luce rispetto al valore
adiacente”
Per quanto riguarda la messa a fuoco e
la profondità di campo: mettere a fuoco significa regolare la
distanza fra l'obiettivo e la pellicola/sensore in modo che
l'immagine sia nitida. Possiamo regolare la messa fuoco solo per un
piano davanti all'obiettivo in cui tutti i soggetti saranno nitidi;
ovviamente i soggetti posti anteriormente e/o posteriormente a quel
piano saranno leggermente o molto fuori fuoco a seconda della
distanza. Questo spazio di nitidezza si chiama profondità di campo
che può essere regolata tramite un uso accurato del diaframma,
ovvero riducendo l'apertura dello stesso si ha una profondità di
campo maggiore.
Esistono altri due fattori però che
regolano la profondità di campo oltre alla chiusura del diaframma:
la lunghezza focale dell'obiettivo ( se per una maggiore profondità
di campo passare ad un obiettivo di corta focale) e la distanza dal
soggetto (allontanarsi dal soggetto per avere maggiore profondità di
campo).
Tecnicamente parlando, i fattori che
agiscono sulla profondità di campo sono regolati dai seguenti
principi:
1- raddoppia se raddoppia il valore del
diaframma;
2- se si raddoppia la distanza dal
soggetto la profondità aumenta di quattro volte;
3- triplicando la distanza la
profondità aumenta di nove volte (proporzionale al quadrato della
distanza);
4- dimezzando la lunghezza focale la
profondità aumenta di quattro volte (inversamente proporzionale al
quadrato della distanza).
Quando un obiettivo viene messo a fuoco
all'infinito si parla di distanza iperfocale, ovvero il limite
prossimo della profondità di campo.
Adesso parliamo brevemente delle
differenze che intercorrono fra obiettivo e obiettivo.
Per obiettivo normale si intende
quell'obiettivo che ha una lunghezza focale pari alla diagonale della
nostra pellicola, ma sono a mio avviso i meno funzionali anche sotto
un aspetto estetico.
Poi abbiamo l'obiettivo di corta focale
che proiettano sulla pellicola una zona più ampia del soggetto e per
questo sono definiti col nome di “grandangolo”. E' caratterizzato
da una maggiore profondità di campo rispetto all'obiettivo di lunga
focale.
L'obiettivo di lunga focale è utile
quando bisogna fotografare oggetti distanti perchè li ingrandisce
sulla pellicola una volta impressi e ne delinenao molto bene i
dettagli. Ecco perchè viene usato molto anche per i ritratti.
Tecnicamente è chiamato teleobiettivo.
Parliamo ora dell'obiettivo macro,
usato per fotografare a brevissime distanze e riuscire ad ottenere
rapporti di ingrandimento 1:1.
Infine l'obiettvio fish-eye
caratterizzato da una cortissima lunghezza focale tanto da
comprendere un'ampia area del soggetto, fino a 180°. E'
caratterizzato da un'apparente distrosione dell'immagine che in
realtà è un effetto molto logico viste le inquadrature a brevissime
distanze.
Per oggi direi che possiamo concludere
qui..nel prossimo articoletto parleremo sempre degli obiettivi ma
affronteremo la risoluzione e il problema delle aberrazioni!
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