martedì 15 maggio 2012
Veronica Bonini
Veronica Bonini: Click "Collect Me" to help me win $10,000 and a show in the most immense exhibition of art in New York City : Art Takes Times Square.
mercoledì 28 marzo 2012
KARL BLOSSFELDT
KARL BLOSSFELDT
Karl Blossfeldt
(1865-1932) ha goduto di fama internazionale nel XX secolo puntando
il proprio lavoro sullo studio del “motivo universale della
pianta”, presentando all'osservatore/spettatore immagini dalla
composizione rigorosa quanto geometrica.
Blossfeldt non era un
fotografo, o almeno non nel senso più ristretto del termine e
neppure lui stesso si considerava tale. Dilettante con la passione
della natura scattava migliaia di fotografie con una macchina fatta
in casa e le presentava ai suoi alunni durante le proprie lezioni di
disegno.
La sua passione quindi
non era tanto la fotografia, quanto la natura che, nella sua
apparente semplicità, donava all'occhio umano geometrie simmetriche
e dettagliate.
All'interno del
procedimento selettivo di Blossfeldt, le piante perdono però alcune
delle loro caratteristiche essenziali: non esistono più profumi né
colori, nessun indizio sulle qualità tattili. Ogni soggetto scelto
dall'occhio clinico di Blossfeldt si tramuta in semplici geometrie da
analizzare e studiare all'interno di sfumature di grigi.
Il suo contributo alla
fotografia fu dato con le sue più importanti pubblicazioni quali “Le
forme originali dell'arte, 1928”, “ Il magico giardino della
natura, 1932”, “ La magia della natura, 1942”.
La fotografia di
Blossfeldt si collega alla cultura e tradizione degli erbari, ovvero
l'essiccazione delle piante e la successiva catalogazione per nome,
data e luogo, la divisione in album e la sistemazione delle stesse in
base alla famiglia di appartenenza.
Arte e natura, due grandi
manifestazioni del mondo, si fondono così nell'operato di
Blossfeldt.
Karl Blossfeldt (1865-1932) has enjoyed international fame in the twentieth century focusing their work on the study of "universal reason of the plant", presenting the viewer / spectator images from the rigorous geometric composition.
Blossfeldt was not a photographer, or at least not in the narrower sense of the term and even he considered himself such. Amateur with a passion for nature was taking thousands of photographs with a homemade machine and presented to his students during their art class.
His passion was not so much the picture, and the nature that, in its apparent simplicity, the human eye gave detailed and symmetrical geometries.
Within the process of selective Blossfeldt, however, the plants lose some of their essential characteristics: there are more colors or fragrances, no clue about the tactile qualities. Each person chosen by the eye clinical Blossfeldt turns into simple geometries to analyze and study in shades of gray.
His contribution to photography was awarded with his most important publications such as "The original forms of art, 1928", "The magic garden of nature, 1932", "The magic of nature, 1942."
Blossfeldt's photography is linked to culture and tradition of the herbaria, or drying of the plants and the next cataloged by name, date and place, the division into albums and arrangement thereof on the basis of belonging to the family.
Art and Nature, two major events in the world, are intertwined in the work of Blossfeldt.
Blossfeldt was not a photographer, or at least not in the narrower sense of the term and even he considered himself such. Amateur with a passion for nature was taking thousands of photographs with a homemade machine and presented to his students during their art class.
His passion was not so much the picture, and the nature that, in its apparent simplicity, the human eye gave detailed and symmetrical geometries.
Within the process of selective Blossfeldt, however, the plants lose some of their essential characteristics: there are more colors or fragrances, no clue about the tactile qualities. Each person chosen by the eye clinical Blossfeldt turns into simple geometries to analyze and study in shades of gray.
His contribution to photography was awarded with his most important publications such as "The original forms of art, 1928", "The magic garden of nature, 1932", "The magic of nature, 1942."
Blossfeldt's photography is linked to culture and tradition of the herbaria, or drying of the plants and the next cataloged by name, date and place, the division into albums and arrangement thereof on the basis of belonging to the family.
Art and Nature, two major events in the world, are intertwined in the work of Blossfeldt.
martedì 6 marzo 2012
mercoledì 29 febbraio 2012
Sono un po' scomparsa in questo periodo...ma il lavoro chiama...Non per questo ho smesso di scattare ;)
Ieri giornata per le vie di Firenze con i ragazzi georgiani per uno workshop che tratta di media, arte, moda, architettura e chi più ne ha più ne metta...tutto il mondo della comunicazione per trovare il filo conduttore. E quale cosa migliore se non camminare per Firenze in cerca di nuove immagini, nuovi spunti??
Quindi come dicevo...a parte il lavoro in sé ecco alcuni scatti che serviranno come materiale didattico..una piccola anteprima tanto per non svelare niente!
Ieri giornata per le vie di Firenze con i ragazzi georgiani per uno workshop che tratta di media, arte, moda, architettura e chi più ne ha più ne metta...tutto il mondo della comunicazione per trovare il filo conduttore. E quale cosa migliore se non camminare per Firenze in cerca di nuove immagini, nuovi spunti??
Quindi come dicevo...a parte il lavoro in sé ecco alcuni scatti che serviranno come materiale didattico..una piccola anteprima tanto per non svelare niente!
lunedì 6 febbraio 2012
mercoledì 1 febbraio 2012
UNA MATTINA CON ANSEL ADAMS_GLI OBIETTIVI
Oggi giornata libera e quindi posso
dedicarmi a tutto ciò che amo, compresa la lettura di un libro che
riporta indietro nel tempo ma che è fondamentale per iniziare ad
avere confidenza con la fotografia: “La fotocamera” di Ansel
Adams.
In questo libro si parla di tutto ciò
che riguarda la macchina fotografica, ma oggi volevo dedicarmi agli
obiettivi, elementi fondamentali per una buona riuscita dello
scatto...il corpo macchina, a volte, è preso troppo in
considerazione, anzi direi che rispetto all'obiettivo è decisamente
secondario.
Per poter usare al meglio gli obiettivi
dobbiamo conoscerli e approfondire non tanto la loro progettazione o
fabbricazione, ma i concetti cardini del loro funzionamento.
L'obiettivo ha due importanti proprietà
che il foro stenopeico non possiede; inanzitutto un obiettivo
raccoglie la luce su un'ampia area producendo così un'immagine
luminosa ed inoltre mette a fuoco la luce dando così vita ad
un'immagine nitida.
Una delle caratteristiche fondamentali
dell'obiettivo è la sua lunghezza focale che, tecnicamente,
corrisponde alla distanza fra il punto nodale posteriore di un
obiettivo (in prossimità del diaframma), al piano in cui i soggetti
sono messi a fuoco. Conoscere la lunghezza focale ovviamente è
importante per avere consapevolezza delle dimensioni della mia
immagine una volta impressa su carta, o sul mio sensore se parliamo
in digitale.
Altra caretteristica dell'obiettivo è
la sua apertura, più comunemente chiamato diaframma, diametro di
apertura dell'obiettivo stesso, descritto come frazione della sua
lunghezza focale. L'apertura sta ad indicare la quantità di luce che
entra all'interno della macchina e quindi quanta luce arriverà alla
pellicola o al sensore. La serie di valori dei diaframmi è ormai
standard ed è questa:
f/1, 1,4 , 2, 2,8 , 4 , 5,6 , 8 , 11,
16, 22, 32, 45, ecc
“Ciascun diaframma trasmette il
doppio o la metà della quantità di luce rispetto al valore
adiacente”
Per quanto riguarda la messa a fuoco e
la profondità di campo: mettere a fuoco significa regolare la
distanza fra l'obiettivo e la pellicola/sensore in modo che
l'immagine sia nitida. Possiamo regolare la messa fuoco solo per un
piano davanti all'obiettivo in cui tutti i soggetti saranno nitidi;
ovviamente i soggetti posti anteriormente e/o posteriormente a quel
piano saranno leggermente o molto fuori fuoco a seconda della
distanza. Questo spazio di nitidezza si chiama profondità di campo
che può essere regolata tramite un uso accurato del diaframma,
ovvero riducendo l'apertura dello stesso si ha una profondità di
campo maggiore.
Esistono altri due fattori però che
regolano la profondità di campo oltre alla chiusura del diaframma:
la lunghezza focale dell'obiettivo ( se per una maggiore profondità
di campo passare ad un obiettivo di corta focale) e la distanza dal
soggetto (allontanarsi dal soggetto per avere maggiore profondità di
campo).
Tecnicamente parlando, i fattori che
agiscono sulla profondità di campo sono regolati dai seguenti
principi:
1- raddoppia se raddoppia il valore del
diaframma;
2- se si raddoppia la distanza dal
soggetto la profondità aumenta di quattro volte;
3- triplicando la distanza la
profondità aumenta di nove volte (proporzionale al quadrato della
distanza);
4- dimezzando la lunghezza focale la
profondità aumenta di quattro volte (inversamente proporzionale al
quadrato della distanza).
Quando un obiettivo viene messo a fuoco
all'infinito si parla di distanza iperfocale, ovvero il limite
prossimo della profondità di campo.
Adesso parliamo brevemente delle
differenze che intercorrono fra obiettivo e obiettivo.
Per obiettivo normale si intende
quell'obiettivo che ha una lunghezza focale pari alla diagonale della
nostra pellicola, ma sono a mio avviso i meno funzionali anche sotto
un aspetto estetico.
Poi abbiamo l'obiettivo di corta focale
che proiettano sulla pellicola una zona più ampia del soggetto e per
questo sono definiti col nome di “grandangolo”. E' caratterizzato
da una maggiore profondità di campo rispetto all'obiettivo di lunga
focale.
L'obiettivo di lunga focale è utile
quando bisogna fotografare oggetti distanti perchè li ingrandisce
sulla pellicola una volta impressi e ne delinenao molto bene i
dettagli. Ecco perchè viene usato molto anche per i ritratti.
Tecnicamente è chiamato teleobiettivo.
Parliamo ora dell'obiettivo macro,
usato per fotografare a brevissime distanze e riuscire ad ottenere
rapporti di ingrandimento 1:1.
Infine l'obiettvio fish-eye
caratterizzato da una cortissima lunghezza focale tanto da
comprendere un'ampia area del soggetto, fino a 180°. E'
caratterizzato da un'apparente distrosione dell'immagine che in
realtà è un effetto molto logico viste le inquadrature a brevissime
distanze.
Per oggi direi che possiamo concludere
qui..nel prossimo articoletto parleremo sempre degli obiettivi ma
affronteremo la risoluzione e il problema delle aberrazioni!
martedì 31 gennaio 2012
CAMERA RAW VS PHOTOSHOP
Con qualche giorno di ritardo eccomi con le news sul corso di camera raw tenuto da Giovanna Griffo.
Devo essere sincera...non ho mai usato camera raw come si deve e mai me ne sono accorta come durante quella giornata! Un programma di sviluppo al cui interno esistono veri e propri strumenti di post-produzione.
Ma che cosa è effettivamente camera raw? In parole povere è un programma che si caratterizza per due passaggi fondamentali: acquisizione dei file raw e successiva elaborazione degli stessi. Ovviamente riesce ad acquisire anche file di altri formati come il jpeg, ma ricordiamo che il jpeg è un file compresso quindi caratterizzato da una forte perdita di informazioni; il file RAW, al contrario, è pura acquisizione delle immagini “impresse” grazie al sensore digitale della macchina. Ecco perchè il file RAW appare come una fotografia priva di spessore e terribilmente piatta (appiattita anche dal famoso anti-aliasing applicato dalla macchina fotografica nel momento dello scatto per ovviare alla “righettatura” dei pixel).
Ma dove è il problema? Abbiamo camera raw, il nostro amato programma di sviluppo caratterizzato principalmente da un pannello base col quale andiamo ad agire sul bilanciamento del bianco, esposizione, punti di bianco e punti di nero, luminosità, contrasto e chi più ne ha più ne metta. Insomma quello che un tempo si faceva in camera oscura adesso lo facciamo attraverso il nostro pc!
Molto spesso dopo aver usato camera raw o lightroom (altro programma di sviluppo) si passa a Photoshop per una mirata elaborazione dell'immagine, ma in alcuni casi questo passaggio da un programma all'altro è davvero inutile e poco costruttivo...soprattutto per un motivo: photoshop è distruttivo nel senso che agisce direttamente sui pixel dell'immagine e tornare indietro a volte risulta una battaglia persa in partenza. Con camera raw questo non accade infatti non agisce sui pixel dell'immagine ma crea un file XMP al cui interno è presente un codice relativo a tutte le modifiche fatte all'immagine stessa. Ecco che allora una volta modificata la mia fotografia e chiusa l'interfaccia, quando vado a riaprire io posso modificarla nuovamente senza distruggere la mia immagine. Pensiamo al “crop”: se lo facciamo su photoshop rischiamo di perdere informazioni e risoluzione...con camera raw questo è impensabile!
Ma parliamo dell'aspetto creativo di camera raw che è l'argomento di cui mi interessava parlare: nella parte superiore dell'interfaccia abbiamo una serie di strumenti molto simili a quelli che ritroviamo in Photoshop: gradienti per dare sfumature come i filtri di photoshop, pennelli di cui possiamo modificare contrasti, esposizione e luminosità, taglierina per modificare l'inquadratura alla nostro scatto, correzione degli occhi rossi, un righello col quale raddrizzare l'orizzonte.
Con pochi strumenti si possono fare miracoli e qui vi mostrerò qualche esempio...
Quindi vi lascio con un...provare per credere!!
venerdì 27 gennaio 2012
"To Be in The Whirl"
“Sotto Sopra”
Inizio questa breve riflessione con una domanda: “Avete presente quel momento improvviso e per niente piacevole in cui vi sentite fermi, immobili e non felici di cosa state facendo?” - credo che tutti, prima o dopo, abbiano sentito crescere dentro di sé questa sensazione che porta a sentirsi al pari di un'ameba...
Questo progetto fotografico riguarda esattamente questo, ovvero un pomeriggio pieno di tristezza e di insoddisfazione e la ricerca della cura perfetta: prendere in mano la macchina fotografica, uscire e andare alla ricerca di qualcosa, un qualcosa che non è mai definito. Ad ogni passo tutto muta insieme ai miei pensieri.
In realtà, una volta uscita non ero sicura che avrei fotografato qualcosa (l'immagine nasce e muore a suo piacimento quindi il risultato non è davvero mai certo!), ma sicuramente una camminata lungo il fiume mi avrebbe fatto bene. Una volta arrivata al fiume ho alzato lo sguardo su di lui e l'ho ringraziato, perché senza dire niente aveva descritto a chiare lettere il mio stato d'animo che fino a quel momento io stessa non ero riuscita a decifrare: sentirsi completamente sotto sopra. Il vedere tutto attraverso uno specchio, ogni cosa riflessa in un altro mondo: il cielo che si fa acqua e l'acqua che si fa cielo, un gabbiano che diventa semplice riflesso indefinito...vederlo volare libero imprigionato nella deformazione del mondo.
In quel momento la realtà non mi interessava, non mi piaceva quindi perché fermarla su carta? Era l'altra parte che mi interessava, che mi faceva sentire a casa. L'acqua come fotografia della realtà e il mio scatto come fotografia della fotografia. Pochi scatti e il mio umore aveva riacquistato il suo equilibrio precario.
Inizio questa breve riflessione con una domanda: “Avete presente quel momento improvviso e per niente piacevole in cui vi sentite fermi, immobili e non felici di cosa state facendo?” - credo che tutti, prima o dopo, abbiano sentito crescere dentro di sé questa sensazione che porta a sentirsi al pari di un'ameba...
Questo progetto fotografico riguarda esattamente questo, ovvero un pomeriggio pieno di tristezza e di insoddisfazione e la ricerca della cura perfetta: prendere in mano la macchina fotografica, uscire e andare alla ricerca di qualcosa, un qualcosa che non è mai definito. Ad ogni passo tutto muta insieme ai miei pensieri.
In realtà, una volta uscita non ero sicura che avrei fotografato qualcosa (l'immagine nasce e muore a suo piacimento quindi il risultato non è davvero mai certo!), ma sicuramente una camminata lungo il fiume mi avrebbe fatto bene. Una volta arrivata al fiume ho alzato lo sguardo su di lui e l'ho ringraziato, perché senza dire niente aveva descritto a chiare lettere il mio stato d'animo che fino a quel momento io stessa non ero riuscita a decifrare: sentirsi completamente sotto sopra. Il vedere tutto attraverso uno specchio, ogni cosa riflessa in un altro mondo: il cielo che si fa acqua e l'acqua che si fa cielo, un gabbiano che diventa semplice riflesso indefinito...vederlo volare libero imprigionato nella deformazione del mondo.
In quel momento la realtà non mi interessava, non mi piaceva quindi perché fermarla su carta? Era l'altra parte che mi interessava, che mi faceva sentire a casa. L'acqua come fotografia della realtà e il mio scatto come fotografia della fotografia. Pochi scatti e il mio umore aveva riacquistato il suo equilibrio precario.
giovedì 26 gennaio 2012
_Gold_
E' sabato mattina...con sapore di metallo e la testa che gira alquanto decidiamo la meta e partiamo. Dopo giorni di freddo c'è un sole che spacca le pietre..le spacca nel vero senso della parola...sembra quasi che i raggi creino squarci all'interno di ogni cosa: alberi, rocce, acqua..tutto viene diviso a metà da una colata di oro.
Sono questi giorni che ti fanno sentire bene...dopo una settimana di lavoro in cui sì lavori con la fotografia ma che comunque lavori! Alzarsi e andare a fare ciò che piace...senza consegne, senza scadenze, senza soggetti prestabiliti...semplicemente scattare e chissà che non venga fuori qualcosa di buono...Le preoccupazioni scompaiono, non esistono ansie...Ritorno ogni fine settimana alle origini della fotografia.
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